Bruxelles – I bambini figli di immigrati che hanno acquisito la cittadinanza tedesca per nascita hanno più successo a scuola di coloro che non ce l’hanno. Uno studio condotto da due ricercatori dell’ifo Institute sugli esami di ammissione alla scuola e sui registri scolastici che coprono l’istruzione prescolare, primaria e secondaria ha registrato che migliori risultati scolastici per i figli degli immigrati in Germania si associano alla acquisizione della cittadinanza per nascita. Questo perché, spiegano dall’Istituto, la cittadinanza ha incoraggiato i genitori immigrati a registrare i propri figli già all’asilo e da quando è stata introdotta la legge sulla cittadinanza tutti i bambini nati da genitori immigrati in Germania hanno frequentato la scuola materna.
Dal 2000 i bambini nati in Germania da genitori stranieri acquisiscono la cittadinanza tedesca alla nascita oltre alla cittadinanza straniera dei genitori, secondo il principio dello jus soli (“diritto del territorio”). Secondo questo principio, almeno uno dei loro genitori deve essere residente legale in Germania da almeno otto anni e deve avere un diritto di soggiorno permanente al momento della nascita del bambino.
Secondo i dati raccolti in otto città tedesche, i bambini con cittadinanza per nascita hanno ottenuto punteggi migliori sulle loro abilità di lingua tedesca e maturità socio-emotiva rispetto ai bambini che non hanno ricevuto in automatico la cittadinanza. Diminuisce anche la probabilità che debbano ripetere un anno di scuola primaria ma aumenta “in modo significativo” la probabilità che frequentino la scuola secondaria. Effetti positivi più evidenti della cittadinanza per nascita si sono registrati nei maschi.
Nel frattempo oggi l’alto commissario dell’Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, ha avvertito del fatto che la pandemia da Coronavirus sta peggiorando la situazione di milioni di apolidi in tutto il mondo, ovvero coloro che non possiedono la cittadinanza di nessuno stato del mondo. Dati globali affidabili sono difficili da ottenere poiché le popolazioni apolidi non sono sempre incluse nei censimenti nazionali, ma l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ne stima circa 4,2 milioni distribuiti in 76 paesi. Il numero reale dovrebbe essere anche più alto. Grandi ha esortato i leader mondiali a includere e proteggere le popolazioni apolidi e a “compiere mosse coraggiose e rapide per sradicare il fenomeno radicato nelle nostre società”, fissando il 2024 come data entro cui “porre fine al limbo per gli apolidi”.
“La pandemia COVID-19 ha dimostrato più che mai la necessità di inclusione e l’urgenza di risolvere l’apolidia. Una pandemia non discrimina tra cittadini e non cittadini”, ha detto Grandi. “Non è nell’interesse di nessuno stato, società o comunità che le persone rimangano apolidi e vivano ai margini della società “, ha proseguito. In sostanza, la condizione di apolide priva gli individui di diritti legali e sono spesso incapaci di accedere ai servizi essenziali. “Molti apolidi sono politicamente ed economicamente emarginati, discriminati e vulnerabili allo sfruttamento e agli abusi”, l’allarme delle Nazioni Unite. La pandemia rischia di complicare ancora il tutto: gli apolidi, compresi i rifugiati, vivono in condizioni sanitarie peggiori rispetto agli standard e possono aumentare il rischio di malattia.
Sources : https://www.eunews.it/